Reputation e vendite, l’influenza dell’attivismo social dei dipendenti

Reputation e vendite altamente influenzate dall’attivismo social dei dipendenti.

Secondo un recente studio intitolato “Employees Rising: Seizing the Opportunity in Employee Activism” e condotto da Weber Shandwick, sembra sia ormai dilagante una nuova tendenza, indotta inevitabilmente dalle peculiarità dei social media.

Nasce il dipendente attivista, inteso come soggetto atto a veicolare informazioni sul proprio posto di lavoro e sulle attività dell’impresa a cui è legato.

1 dipendente su 5 dichiara di essere attivista con un potenziale di incremento per gli altri stimato intorno al 33%, derivato dalla quantità degli stessi che pubblica materiale visuale e testuale senza alcuna forma di incoraggiamento da parte del datore di lavoro.
I dati rilevati, chiaramente, non nascondono un lato oscuro, che rende questo trend tanto appetibile quanto rischioso per le imprese stesse.

La ricerca evidenzia un generico 16% di dipendenti, che condividono critiche negative sul proprio lavoro e sul datore.
Il dato non è trascurabile, se si pensa che nell’ambito delle rilevazioni del Reputation Institute, le variabili legate al posto di lavoro e alle condizioni dei dipendenti incidono sensibilmente nelle rilevazioni della performance reputazionale d’impresa.

Andando nel dettaglio, in base al grado di attività vengono definite sei tipologie di dipendenti.

dipendenti attivisti

ProActivists: incarnazione del dipendente attivista, che opera quasi esclusivamente azioni positive;
PreActivists: hanno un minor numero di azioni positive rispetto ai precedenti, con un livello di engagement inferiore;
Detractors: producono azioni negative nei confronti dei datori di lavoro. Sono i meno impegnati in attività social e ripongono maggior diffidenza nelle figure di leadership;
Inactives: hanno un livello di engagement molto risicato, quasi come i detrattori;
ReActivists: hanno un livello medio di engagement e un’elevata propensione all’attuare azioni positive, almeno tanto quanto risultano critici circa le condizioni di lavoro;
HyperActives: per attività prossimi ai ProActivists. Si segnalano per un elevato potenziale sia in termini positvi che negativi;

In questo contesto occorre quindi evidenziare ed incrementare sia le attività di sensibilizzazione, in termini di utilizzo dei social network, per cavalcare questo trend che può offrire riscontri positivi, sia operare sull’attività di leadership, in grado di riparare a determinate situazioni critiche, che possono restituire risultati diametralmente opposti.

A tal proposito si stima che i dipendenti esortati dagli stessi datori di lavoro all’utilizzo dei social network, hanno un più elevato grado di probabilità (72%) di offrire un contributo positivo alle vendite, molto più di quanto non facciano coloro che non ricevono alcun incoraggiamento in tal senso.

Attualmente la percentuale di datori di lavoro impegnata a stimolare e offrire strumenti per favorire l’utilizzo di social network da parte dei dipendenti è stata rilevata al 55%, evidenziando ancora una consistente diffidenza, di fronte alle criticità sopracitate, che nella peggiore delle ipotesi portano ad un immobilismo che frena le possibilità di sviluppo legate a contesti di opportunità così interessanti in termini di vendite e reputation.

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