Spotify dice sì ai video, ma non parliamo di videoclip musicali

Spotify irrompe nel mercato dei video in streaming.
Bada bene, sto parlando di video, non di video musicali.
Non è una notizia da poco, se consideriamo che si tratta di un servizio che ha radicalmente inciso sulle dinamiche dell’industria musicale digitale.
I contenuti video saranno sin da questa settimana disponibili per chi dispone dell’app su device che hanno sistema operativo android, con la copertura per iOS prevista per la fine della prossima settimana.
Inizialmente il servizio interesserà Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Svezia.
Questa nuova implementazione è figlia di una lunga fase test, che ha coinvolto circa il 10% dell’utenza.
Come dicevo, non si tratta di video musicali, ma di video selezionati per l’utente sulla base dei propri gusti musicali.


Tutto molto interessante. Shiva Rajaraman a supporto di questa nuova idea racconta su wsj l’esperienza di successo di Epic Rap Battles, web-serie comica rap di Maker Studios.
I format video saranno i più disparati, anche in virtù delle prime eccellenti partnership con ESPN, Comedy Central, BBc ecc.
Spotify sembra avere due grandi obiettivi.
Il primo è quello di continuare a crescere con la propria utenza, che conta finora 75milioni di iscritti di cui circa il 20% abbonati.
Il secondo è quello di diventare un’applicazione non più da background, ma da navigazione e interazione. Per vedere i video, inevitabilmente, la prima sfida sarà quella di portare gli utenti ad utilizzare attivamente l’interfaccia, ma per ora non si prevedono soluzioni estreme, come impedire l’attività di background che ne ha fatto un vantaggio competitivo nella fruizione di musica rispetto a Youtube su mobile.
A proposito delle volontà di migliorare l’esperienza utente su Spotify, non passino in sordina le due recenti acquisizioni: Cord Project e Soundwave, rispettivamente sistemi di messaggistica vocale e applicazione di social networking orientata alla diffusione di musica sperimentale, con già discreti successi di utilizzo.
Tutto finalizzato a inventare, costruire e sviluppare sistemi di coinvolgimento dentro Spotify.
In una prima fase i video non saranno proprietari e non conterranno pubblicità, quindi non dovrebbero produrre utili. Si tratta ancora, a tutti gli effetti, di una sperimentazione.
Ma si comincia ad osare.
Inevitabile immaginare che si stiano cercando nuove soluzioni di monetizzazione, ma intanto si apre un nuovo fronte che potrebbe portare piacevoli novità.
La verità sembra essere una:

Studiare e trovare correlazioni tra l’esperienza dell’ascolto musicale e della fruizione di prodotti visuali, potrebbe rappresentare un nuovo interessantissimo trend dell’analisi dei dati che verrà.

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