Facebook. L’indignazione per i trending topic rimaneggiati è la vittoria della captologia

Il caso di Facebook e della modifica manuale dei trending topic sembra avere ormai tutti i crismi dell’ufficialità.
Per chi si fosse perso la notizia, tutto è iniziato quando alcuni ex dipendenti di casa Zuckerberg hanno dichiarato che il sistema dei trending topic di Facebook è gestito manualmente da una sorta di redazione permanente, che avrebbe tutte le possibilità per intervenire sulle gerarchie dei contenuti dichiarati come di tendenza, per elminarne alcuni, inserirne degli altri ecc.
Non a caso, recentemente scrivevo della balzana idea di modificare il titolo tutti i contenuti che prevedessero la parola Twitter.
La cosa ha fatto montare non poche polemiche, specie da parte dei conservatori a stelle e strisce, che denunciano l’oscuramento dei contenuti sulla piattaforma.
Qui un’ottima sintesi di Matteo Flora, di The Fool.

La conferma

La notizia pare abbia destato scandalo oltre che nella politica americana, anche negli addetti ai lavori (se così ci possiamo definire) non lasciando indifferente neanche il grande pubblico.

“Facebook ha delle persone a manipolarci!”.

Partiamo dai fatti, prima di arrivare alle riflessioni.
La notizia della possibilità di intervenire manualmente sui contenuti visibili nei trending topic (non ancora disponibili per tutti) è confermata dal documento pubblicato dal The Guardian e ripreso in Post-It di DataMediaHub, che certifica l’esistenza di questa pratica, anche se smentita dagli ambienti Facebook.
Niente da aggiungere: è vero, Facebook ha delle persone che h24 possono intervenire manualmente sulle notizie di tendenza.

Sbagliato a prescindere?

Per me, che ancora credo negli uomini e soprattutto ho ragione (e motivo) di non ritenere infallibili gli algoritmi, anche nel mio lavoro e nell’analisi qualitativa dei dati, questa è una notizia positiva.

Un sistema algoritmico può stabilire in base a fattori numerici quali siano le informazioni più di tendenza, ma cosa facciamo con le informazioni di pubblica utilità, magari meno risonanti?

Non vuol essere una giustifica o una difesa di Facebook. Non potrei mai sapere a quale scopo queste informazioni sono manipolate, ma credo che la direzione e l’idea di avere  un team a governare questo processo sia sacrosanta.

Fiducia nelle macchine e sfiducia negli uomini?

Spostando la questione su un altro piano: perché tanta indignazione quando si parla di uomini al lavoro sui contenuti che vediamo?
Dov’è tutta questo fermento nei confronti degli stessi algoritmi che, di fatto, fanno esattamente questo?
Nel periodo in cui le piattaforme digitali, e i social in particolare, sono diventati il principale veicolo dell’informazione, la captologia,  intesa come studio delle capacità della tecnologia di persuadere il nostro modo di agire e pensare rispetto ai media digitali, è un fronte da tenere in assoluta considerazione.
Sebbene l’aura di mistica onniscienza dei computer sia stata squarciata per sempre, rimane ancora forte l’autorevolezza che ha la macchina in sé, per non parlare della credibilità presunta, citando uno dei quattro assunti di Fogg.
Di contro, l’intervento umano – in questo processo – suscita indignazione poiché “rompe l’incantesimo” dell’infallibilità della macchina e si macchia della ubris di manipolare l’infallibilità percepita dell’algoritmo, quando è palese che – ad oggi – l’algoritmo è fallabile e in costante miglioramento, ironia della sorte, proprio per mano e mente umana.

Leggi anche: Chi è stato programmato prima, l’Uomo o la Macchina? L’Influenza e gli Algoritmi della Persuasione.

In realtà, in questo processo, sia chiaro, ancora una volta, sui social media gli “intrusi”, o per essere più gentili, gli ospiti, siamo noi.

Siamo ospiti

Siamo ospiti di aziende nord-americane che vendono intrattenimento e guadagnano dati, che producono denaro.
Tutto ciò che vediamo è l’emblema della mediazione, della manipolazione, e del condizionare il nostro agire cognitivo algoritmicamente compiuto.
Tutto questo non è da intendersi come chissà quale macchinazione o cospirazione nei confronti della razza umana. Bisogna solo prendere coscienza del fatto che finché, in regime di information overload, le tante informazioni saranno regolate e indirizzate ai nostri schermi secondo serratissimi schemi algoritmici, non avremo mai una visione imparziale del mondo digitalmente raccontato.
Le nostre stesse ricerche su Google, per quanto rispondano alle nostre query e si presentino come la soluzione ai  nostri problemi, sono esattamente ciò che stavamo cercando?
Un contenuto ottimizzato per essere  in prima pagina, e quindi tecnicamente imprescindibile, è sicuramente il contenuto che risponde ai nostri dubbi? Probabilmente la sua posizione ci terrà ben distanti da porci questi quesiti.
Solo fra gli addetti ai lavori, e di tanto in tanto, emergono discussioni come quella sollevata sul frequentatissimo gruppo “Fatti di SEO”.
L’utilizzo degli algoritmi è qualcosa di imprescindibile, specie in un luogo in cui c’è un’attività serratissima di pubblicazioni e le informazioni che lasciamo sulla rete creano un profilo a cui è possibile inviare informazioni ritenute strettamente interessanti per il soggetto.

Una sfida culturale

La cultura dell’uomo non si è fondata su informazioni piacevoli e confortanti.
La crescita culturale delle persone è frutto di tesi e contraddizioni delle stesse. Facebook è un luogo di conversazione, ma gli algoritmi tendono spesso a configurare delle comfort zone, in cui si ricevono una serie di informazioni che, in linea di massima, sono tutte di nostro interesse e, semmai, delle nostre stesse posizioni.
Facebook è costruito per essere un luogo piacevole, non un’agorà politica, biblicamente intesa.
Sono gli algoritmi a costruire i walled garden, o gabbie dorate se vogliamo restare sul pessimistico.
Ben vengano gli uomini, se riescono ancora a destinare attenzione e tempo a mediare ciò che le macchine spietatamente ci consegnano semplicemente perché dei sofisticatissimi sistemi lo decidono.
Poi, per l’amor di Dio, quell’ufficio potrebbe essere pure pieno di mascalzoni con idee politiche ferocemente schierate, ma per fortuna abbiamo ancora possibilità di discernere ciò che ci interessa da ciò che non vogliamo vedere.
Che appaia nei trending topic o nel nostro fantastico feed tutto lustrini e cose confezionate per la nostra piacevole esperienza. Che poi è il prodotto che ci tiene qui, felicemente, incollati.
La scelta è solo nostra.
Il web è una miniera d’oro, per chi ha voglia di scavare e sa cosa cerca.

Questo articolo è stato scritto con lo specialissimo contributo di  Benedetto Motisi.

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