Ritorniamo a parlare di Social Recruiting.
Questo articolo giunge ad integrazione, ed aggiornamento, di un post dello scorso aprile che ha riscosso un certo interesse.
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La ricerca del lavoro da parte dei candidati e da parte delle imprese ha visto spostarsi le proprie dinamiche massicciamente sui canali digitali.
Adecco ha realizzato una ricerca in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, basata su sondaggi a 1500 recruiter e 17000 candidati, nel mondo, per andare a fondo del fenomeno stavolta su scala globale e non nazionale.
Un primo step di nostro interesse può essere l’analisi dell’infografica riassuntiva proposta, che sintetizza i dati più salienti.
Se c’è una certezza di cui non si può dubitare è che nel social recruiting stravince, ancora, LinkedIn.
Partendo dal termine della ricerca, ritengo sia interessante porre subito l’attenzione sugli elementi a cui i recruiter danno maggior risalto, rispetto a ciò che pubblicano i candidati.
Vengono assegnate delle vere e proprie posizioni in gerarchia degli elementi pubblicati, che ritengo possano tornare utili nella redazione del curriculum vitae online.
Candidati vs Recruiter
L’infografica si focalizza sulla realtà italiana del social recruiting, da cui emerge che il 56% degli intervistati ha utilizzato i social media per distruibire i curriculum vitae e di questi il 22,7% è stato contattato dai recruiter e solo il 7% ha ottenuto un posto di lavoro. Il quadro smentisce un certo ottimismo.
Ulteriori elementi di riflessione sono le attività a cui si dedicano gli utenti in cerca di lavoro sui social media.
Per quanto riguarda i candidati, prima su tutte è la ricerca di annunci, che si attesta al 69,4%, seguita al 56% dall’invio di candidature e diffusione del curriculum, delineando un quadro che è sostanzialmente assimilabile alle procedure convenzionali e standard, traslate allo strumento digitale.
Si riscontrano condotte più consapevoli e web-oriented quando si individuano il 53,4% di utenti che cerca di creare reti personali e il 53,6% di persone che ricerca pagine di potenziali datori di lavoro. Ancor di più sulla scia i questa condotta consapevole e atta a cercare di sfruttare nel migliore dei modi le peculiarità del mezzo è la cura del personal branding, che si attesta al 46,9%. Segue, infine, la verifica delle opinioni altrui sui potenziali datori di lavoro (44,5%) la quale si può immaginare risieda soprattutto in dinamiche successive ad un eventuale primo contatto coi selezionatori.
Il tasso più alto di distribuzione dei curriculum è nella fascia d’età 34-39 anni (62%) e tra i laureati (67%).
I candidati più contattati sono, solitamente, in possesso i master o dottorato di ricerca (86%), sebbene i soggetti più capaci di rispondere alle esigenze di domanda-offerta siano soggetti con titoli di studi più bassi.
Ancora in linea con pratiche convenzionali, emerge il dato secondo cui anche gli utenti che cercano lavoro online e tramite i social media, prestano attenzione prettamente ad annunci, informazioni sull’azienda e contenuti che pubblicano.Poco risalto alle attività prettamente social, di interazione, commenti, popolarità e follower.
I profili social delle aziende sono spesso visti come bacheche che come canali relazionali
Entrando nel merito dell’attività dei recruiter risultano ulteriori dati altrettanto interessanti.
Il 44,8% dell’attività di selezione mensile avviene su internet, con previsioni future che si attestano al 54,2%.
Il tipo di candidato più ricercato è l’impiegato (78,2%) e i settori più in voga sono Vendite (54,2%), Amministrazione Finanza Controllo (45,8%), e Marketing (40,8%).
La ricerca dei candidati sui social avviene per motivi specifici e, per certi versi, sorprendenti.
Il 55,2% dei recruiter dichiara di utilizzare la rete per cercare “candidati passivi”. Segue la ricezione di candidature (52,5%) e la pubblicazione di annunci (50,7%). Ho parlato di “utilizzare la rete” perché vale la pena di fare un distinguo esclusivo per l’utilizzo dei social. Questi ultimi vengono utilizzati maggiormente per verificare il network del candidato (48%), verificare i suoi post (42,5%), analizzare le sue referenze (39,8%) ed employer branding (37,6%). Diversificazione delle operazioni, anche sulla rete stessa.
Tra gli obiettivi per cui si procede alla ricerca sui social che, personalmente, ritengo più interessanti, spicca con un rilevante 51,4% la volontà di migliorare la qualità delle candidature, che conferma il valore del social recruiting al di là degli aspetti tecnici.
Qui l’infografica completa.
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