Immagine del profilo temporanea. Interrogarsi sul “per chi” e non sul perché…

Le diatribe rispetto all’immagine del profilo temporanea di Facebook tengono banco nella discussione pubblica e social alla luce della possibilità concessa dalla piattaforma di inserire una bandiera francese a filtro del nostro avatar.
“Sciacallaggio”e “Profilazione”, queste solo alcune delle definizioni date alla feature.
Partecipando a diverse conversazioni su gruppi di professionisti social e non, noto una dilagante tendenza nel porsi interrogativi sul perché.

Perché?

Perché la logica è esattamente la stessa per cui mi ritrovo a scrivere un post simile a quello che ho scritto pochi giorni fa rispetto alla sostituzione delle stelline di twitter coi cuoricini.
Perché l’abbiamo voluto “noi”.
La feature che consente l’inserimento di immagini del profilo relative a cause specifiche nasce nient’altro che da una tendenza creatasi su Facebook e puntualmente assecondata.
Le persone hanno iniziato a inserire elementi di partecipazione a “cause” nelle proprie immagini, il veicolo più immediato per far circolare viralmente un messaggio.
Solo dopo è arrivata la creazione da parte di Facebook del servizio che consente di farlo in maniera omologata e non manuale, senza doversi servire di altri software fuori da Facebook.
Sui risvolti etici e morali dell’implementazione si può continuare a parlare all’infinito, ma ciò che resta è una feature che asseconda una tendenza di massa e non viceversa.

Per chi?

Questo deve realmente interessarci. Questo è il vero motivo per cui occorre aprire dibattiti, che comunque esistono ma sembrano raccogliere meno fervore.
A tal proposito vi segnalo questo link al blog di Marco Massarotto, che sottolinea come Beirut e Parigi abbiano lo stesso tasso di penetrazione di Facebook ma il primo non ha mai visto l’attivazione di Safety Check.

Perché le bandiere francesi e non le bandiere palestinesi?

(solo per fare un esempio, il più diffuso)

Perché è Facebook dall’alto a scegliere quale sia la causa da sposare e sostenere simbolicamente con un avatar?

Probabilmente perché Facebook resta lo strumento e il luogo più mainstream mai esistito.
Su Facebook non vigono regole di par condicio o pluralismo, non c’è regolamentazione che obblighi ad offrire uguali risorse a differenti posizioni.
Su Facebook vige (tristemente) la legge della viralità, che il social si dimostra sempre disposto ad assecondare, come nel caso di cui sopra.
Sia chiaro, lungi da me difendere o sostenere una posizione che resta palesemente sbilanciata su temi piuttosto che su altri, ma in un certo senso è l’utenza a dettare determinati giochi di forza.
E parliamo di un’utenza fortemente sbilanciata verso il mondo occidentale, in termini di interesse globale più che di penetrazione, anche in virtù di una forte chiusura delle principali realtà orientali, sostenitrici di proprie piattaforme.
Lo strumento cause ha la sua forma di imparzialità su temi di ben minore rilevanza, ma comunque virali.
Accedendo a questo link potrete vedere i risvolti della feature relativi all’ambito sportivo.
Gli utenti possono scegliere, e potranno sempre più, di sostenere le proprie squadre del cuore, dei più diffusi sport, utilizzando questa pagina all’interno della quale modificare la propria immagine del profilo.
In questa sezione della bandiera francese non c’è traccia.
La bandiera è stata concessa da chi amministra il social, in virtù di un fermento che è emerso in seguito a un evento tragico.
Non l’unico degli ultimi tempi, ma il più attenzionato, a cui un soggetto privato, quale Facebook, decide di dover prestare il proprio spazio.
Il tema della disparità e dei diversi livelli di attenzione e racconto di temi sensibili è ben precedente all’esplosione dei social.
Interrogarsi sul “per chi” è qualcosa di doveroso.
A prescindere da Facebook
Guardando oltre Facebook.

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